FOMO sul lavoro: la sensazione di essere sempre indietro rispetto agli altri sui social

È online il nuovo episodio del Podacast “La Tenda Rossa”.

Puoi ascoltarlo gratis su Spotify e sulle principali piattaforme di streaming.

Qui di seguito, ti lascio lo script dell’episodio, nel caso in cui preferissi leggere un testo invece di ascoltarlo.

Nota importantissima prima di iniziare: in questo episodio parleremo molto di emozioni e di meccanismi inconsci. Quello che sentirai non sostituisce in nessun modo un parere professionale e ti invito, qualora sentissi che le mie parole hanno aperto in te delle domande più profonde di quello che si può trattare in una breve puntata di un podcast, di chiedere il supporto di cui potresti sentire necessità.

E ora, iniziamo!  

 

La FOMO fa parte delle ansie sociali, ed è quella paura che ti impedisce di goderti il momento presente (il “qui e ora”) perché sei troppo impegnata a pensare a quello che succede in un altro luogo o in un altro tempo.

 

È un acronimo, e sta per Fear Of Missing Out, letteralmente “paura di perdere qualcosa”.

Questo termine oggi va molto di moda in relazione ai social: è una di quelle ansie che ci tengono agganciati al telefono o che ci fanno tornare spesso a riprenderlo in mano “per vedere cosa sta succedendo”.

Ma in realtà è qualcosa che possiamo provare in molti ambiti della nostra vita, diciamo così, analogica – cioè fuori dagli schermi.

Per farti capire, è quella sensazione che un po’ tutti possiamo aver provato durante l’adolescenza, quando i nostri genitori non ci facevano andare a qualche festa, evento o anche banale passeggiata in centro con i nostri amici.
La nostra mente era costantemente con loro e avevamo un disagio più o meno forte legato alle opportunità che ci sembrava di aver perso.

Sui social tutto questo è amplificato all’ennesima potenza.

Ci colpisce nella nostra vita social (specie se li usiamo per lavoro), ma anche nella nostra vita personale.

Per farti qualche esempio: quello che secondo me è un effetto della FOMO strettamente legato ai social è, a esempio, la paura di perdersi un trend, oppure inseguire in modo compulsivo quello che fanno i nostri competitor, facendoci guidare dal pensiero “se lo fanno gli altri e funziona, allora dovrei farlo anche io”.

Rientra nel contesto della FOMO, per così dire, digitale, il fatto di rispondere immediatamente a qualsiasi stimolo: una mail, un messaggio in direct, un trend che ci affrettiamo a riprodurre.

L’effetto principale di questo tipo di ansia è quello di farci sentire molto affaticate perché sembra un po’ il paradosso di Achille e la tartaruga: per quanto Achille sia veloce, non riesce mai a raggiungere la tartaruga perché lei sembra sembra sempre un passo avanti (ti svelo un segreto: quel paradosso non sta in piedi!). 

Parleremo però in modo più approfondito di FOMO digitale nel prossimo episodio del podcast.

Oggi mi vorrei concentrare più sul tema della FOMO nella nostra vita personale e professionale.

Qquando la FOMO riguarda la nostra vita personale o professionale, infatti, le sensazioni che proviamo sono quelle di sentirci indietro su alcuni traguardi importanti (matrimonio, carriera, figli ecc.). Questo tipo di sensazione può essere indotta dai social, ma anche da ciò con cui entriamo in contatto quotidianamente, nella vita di tutti i giorni.

Ti faccio un esempio, così ci capiamo meglio.

Puoi sentirti indietro nella vita perché tua mamma ti sta raccontando di tua cugina Carolina che dopo la laurea ha iniziato subito a lavorare in un’importante multinazionale, perché ha fatto un certo corso post laurea davvero professionalizzante.

Quindi questo ti blocca perché pensi che ti servirebbe proprio un corso come quello per poter fare il salto giusto nella tua carriera, solo che non hai proprio i soldi per permettertelo e nonostante ciò, ti fissi su questo passaggio immaginando che quella e solo quella possa essere la strada per costruire un futuro solido.

“Se solo potessi frequentarlo, chissà quante porte mi si aprirebbero…” 

Ecco. Qui ti fermo un attimo.

La storia di tua cugina Carolina è meravigliosa, ma è la sua, non la tua.

Lei ha saputo costruire una grande opportunità da quel corso, ed è stata bravissima a farlo.

Ma possiamo davvero sapere tutto quello che c’è intorno a quel passaggio?

La fatica che non hai visto, i sacrifici e le rinunce che non hai visto.

E cosa ne sai, tu, se lei in questo momento non è da sola nella sua stanza a pensare a te, ai tuoi traguardi e a invidiare le tue opportunità?

Fidati, succede molto più spesso di quanto tu creda…

I social, poi, sono il luogo in cui tutto questo viene enfatizzato all’ennesima potenza.

Abbiamo una conoscenza molto superficiale, ma tutto sommato immersiva, delle vite degli altri.

Ci sembra di conoscerci tutti molto bene ed è molto difficile razionalizzare il fatto che lì sopra vediamo una porzione minima delle vite degli altri, cioè lo sappiamo a livello superficiale, ma poi finisce che la parte più emotiva ed istintiva di noi se ne dimentica e inizia a creare mondi immaginari che non esistono.

Davvero. Te lo sto dicendo mentre registro un podcast seduta per terra con il pc nell’armadio per annullare il riverbero.

I potenti strumenti tecnici che tu immagini per creare un podcast, nel mio caso sono davvero elementari.

E non te lo dico per alimentare la retorica del “se vuoi, tu puoi”, ma semplicemente per fare una messa a terra.

Magari anche tu lavori nel mondo digital, magari anche tu sogni di iniziare a registrare il tuo podcast e magari, anche solo per un attimo, sei rimasta triggerata da questo mio piccolo successo e hai iniziato a fantasticare pensando di essere troppo indietro: “Senza un podcast non ce la farò mai”, “Senti come è pulito quest’audio! Ma io non ho i soldi per uno studio di registrazione”.

Spoiler: nemmeno io! 

Ma torniamo al punto principale: il fatto di sentirci indietro, di sentirci tagliate fuori da una cerchia di privilegiate che fanno tutto quello che vorremmo (o meglio dovremmo) fare per raggiungere finalmente i nostri risultati.

Ecco, secondo me la chiave di volta sta tra le righe del discorso che abbiamo affrontato nella puntata sul perfezionismo: vale a dire affinare la capacità di fissare degli obiettivi personali, che siano solo nostri e non indotti.

Il punto principale non è tanto smettere di fare paragoni con le vite degli altri, perché credo che sia davvero difficile, se non addirittura impossibile smettere davvero di osservare gli altri e di confrontarci a loro come modelli.

E in fin dei conti sarebbe anche controproducente: una sana osservazione dell’altro può aiutarci a tenere la mente attiva, a uscire dagli schemi abitudinari, a stimolare la nostra curiosità.

Ma per osservare in modo sano gli altri dobbiamo imparare ad essere clementi con noi stesse, ad accogliere quello che c’è e a fissare obiettivi realistici e sensati per la nostra storia di oggi.

Stare nel qui e ora non è altro che questo.

Parto dalla realtà che ho oggi e provo a costruire una visione generale (presente e futura) che abbia senso in base agli strumenti a mia disposizione.

Tutto quello che mi è utile lo tengo, tutto quello che non lo è, lo lascio andare.

Quando sento che l’ansia sociale di perdere qualcosa sta salendo, mi fermo ad ascoltare le mie emozioni:

  • cosa mi sta dando fastidio?
  • come mi fa sentire questo?
  • cosa posso tenere di utile da queste emozioni? 
  • cosa ho bisogno di lasciare andare perché non mi è utile?

In questo modo, intanto non giudico né me, né le mie emozioni, e poi mi do l’opportunità di cambiare quello che non mi è utile (io preferisco parlare delle emozioni in modo neutro, definendole utili e non utili, invece di parlare di “positive” e “negative”.

Questo perché credo che le emozioni comunemente negative, tipo tristezza o rabbia, possano comunque avere degli aspetti che le rendono per noi utili, perché ci possono aiutare a vedere resistenze e blocchi che altrimenti non riusciremmo a notare).

Tornando alla FOMO, io credo che buona parte delle emozioni non utili sia riconducibile al modo in cui intendiamo due concetti: efficienza e successo.

Se ci pensi, quando ti senti indietro è perché o senti di essere stata non efficiente nello svolgimento di un determinato compito, oppure senti di non aver raggiunto le giuste tappe di avanzamento nella vita.

Anche qui, la soluzione è poi sempre quella di imparare a sviluppare la consapevolezza e a distinguere ciò che viene da me e ciò che viene da fuori.    

Quindi, per concludere, il senso del mio discorso è: non aver paura di non essere al passo con i tempi degli altri, ma imparare ad ascoltare i nostri tempi, valorizzando quello che già c’è.

Per farti capire: se tutte le persone che conosco stanno seguendo un corso – non so, di giardinaggio sul balcone -, invece di violentarmi per seguirlo stanca morta la sera dopo il lavoro, mi chiedo se davvero abbia senso inserire questo nuovo appuntamento o se lo sto facendo solo per sentirmi sul pezzo e sentirmi non esclusa.

Ne avevamo parlato anche nella puntata con ospite Rika, a proposito delle morning routine eterne e super estetiche che vediamo su alcuni profili social. Sono davvero bellissime da vedere, ma è davvero qualcosa di funzionale per me svegliarmi alle 4 del mattino o lo sto facendo solo perché lo fanno tutte, e quindi dovrei proprio farlo?

Non ha senso violentarsi per essere sempre sul pezzo: non è sempre necessario rispondere alle mail nei primi attimi dopo averle ricevute, non è sempre necessario essere informate sull’argomento di cui stanno parlando tutti, non è sempre necessario usare quello strumento di lavoro che va tanto di moda.

Questo non vuol dire che non debba mettere cura in ciò che faccio, ma il mettere cura nelle mie attività o verso gli altri non può prevaricare la cura e l’ascolto anche dei miei bisogni. 

La vita è già sufficientemente piena di obblighi reali a cui non possiamo sottrarci, forse non è il caso di impegnarci per crearne di nuovi non concretamente necessari.

Ciò che è davvero necessario, possiamo capirlo solo in termini di reale utilità per noi.

Che poi, utilità non vuol dire necessariamente funzionalità: può essere utile anche qualcosa che facciamo per il solo gusto di distrarci o divertirci.

Però credo che la chiave stia nell’accettare che ognuno di noi ha tempi diversi, che ci sono cose che per alcune persone vanno bene e per altre no. Che non sono in dovere di rispondere a nessun altro standard che non sia il mio.

Io per oggi ho finito, ricordati che dai link che trovi in descrizione puoi scrivermi per commentare l’episodio e per suggerirmi temi che ti piacerebbe sentire.

Alla prossima puntata!

Ciao, sono Giulia e mi occupo di Personal Branding.

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